venerdì, giugno 14, 2013

E tu mi vieni a dire...

Allora, riepiloghiamo solo le notizie delle ultime settimane e solo quelle di cui sono a conoscenza.

Indesit: dichiarati 1425 esuberi, di cui 480 a Fabriano.
TNT Global Express: dichiarati 854 licenziamenti, di cui 300 a San Mauro Torinese.
Natuzzi: probabili quasi 2000 esuberi in seguito alla decisione di delocalizzare in Brasile la produzione dei divani.

E chi non licenzia?
Enel, maggio 2013: accordo per la fuoriuscita (prepensionamento) di 3500 lavoratori a fronte di circa 1500 nuove assunzioni. Saldo netto: - 2000 posti di lavoro.
Eni, maggio 2013: si sta preparando un accordo per il prepensionamento di 1000 lavoratori a fronte di circa 300 nuove assunzioni. Saldo netto: -700 posti di lavoro.

So che l'elenco reale è molto più lungo, ma soltanto questi cinque eventi eliminano dalla scena occupazionale italiana - per sempre - circa 7000 posti di lavoro.

E tu mi vieni a dire, Letta, che "senza lavoro l'Italia non si salva"?



E non solo vengono cancellati i posti, ovviamente, ma anche - di fatto - le persone che c'erano dentro: con le loro competenze ed esperienze, accumulate negli anni, che improvvisamente non contano più nulla, diventano aria fritta, si possono gettare, non ci si preoccupa nemmeno di trasmettere a chi resta o a chi viene con quel processo che i fighi chiamano "knowledge transfer".
Le aziende pensano di potersela cavare con masse sterminate di giovani schiavi in giacca e cravatta, precari, pagati pochissimo e disponibili a tutto, e strapagando in maniera iperbolica e fuori da ogni logica sia i manager fuffologici che  i megaconsulenti a cui hanno regalato negli anni il know-how che avrebbero dovuto gelosamente difendere e far evolvere.

Io credo sinceramente che ad un simile crollo della diga non si possa porre argine.

Che la famelicità degli azionisti e la finanziarizzazione delle aziende, ormai liberate da qualsiasi argine e resistenza di tipo politico e sociale, stia portando a termine senza pietà quella lotta di classe che Luciano Gallino non vede affatto come scomparsa, anzi, ma in una fase di successo avanzato da parte di chi possiede tutto a scapito di chi non possiede più nulla.

Ci dovrebbe pensare la politica, ci dovrebbe pensare lo Stato, a difendere con durezza i suoi cittadini dall'attacco dell'avidità di pochi.
Ma lo Stato è ormai ostaggio e fantoccio di quei pochi, potentissimi ed avidissimi poteri.
Smantella ogni forma di protezione e promozione sociale, rinuncia persino a parlare ormai di equità e di legalità.
Ascolta annoiato i dati che raccontano che un gioiellere guadagna la metà di un operaio, che ogni anno vanno in galera solo 6 persone per reati corruzione a fronte della dispersione di 60 miliardi di euro, che l'evasione fiscale non solo continua a rubare 100 miliardi di euro l'anno ma si espande, diminuendo ancora il gettito ed aumentando il buco di bilancio...

Ascolta, e non fa un plisset.

Eppure...

eppure centinaia di migliaia di cittadini, ogni santo giorno, anche se sbeffeggiati e vituperati dalla maggioranza malandrina, continuano ostinatamente a far funzionare le aziende, i trasporti, gli ospedali, le scuole, ...
E lo fanno nonostante lo stipendio insufficiente, la mancanza di riconoscimento sociale, nonostante l'incremento esponenziale della violenza, dell'ignoranza, dell'aggressività...

Lo fanno perchè esiste comunque, nell'uomo (forse in tutti!), un'idea di bene insensata, priva di interesse personale.
Un'idea per cui fare bene una cosa, soprattutto se provoca piacere o se fa stare meglio quello che in quel momento è il tuo prossimo, l'essere umano più vicino a te - per scelta o per contingenza, TI FA STARE BENE.

Ecco, questa è una delle poche cose in cui riesco ancora a credere.

E mica vale poco.

martedì, giugno 11, 2013

O sensei

Molto tempo fa (quando ancora rotolavo sui tappeti per mia volontà, e non trascinato dalla panza) lessi la incredibile biografia di Ueshiba Morihei, fondatore dell'Aikido e "guerriero invincibile", che nessuno riuscì mai a sconfiggere (beh, morì anche lui, comunque…) 

La ripropongo qui, in carenza di cose più intelligenti da scrivere, perchè è una di quelle storielle niente male:-)

...

Questo incredibile personaggio nasce nel 1883 in una regione giapponese intrisa di misticismo e sacralità, da una famiglia discendente da generazioni di samurai.

Gracile e di salute cagionevole, sin da piccolo manifesta paranoie legate alla prestanza fisica che lo portano a torturare il proprio corpo per fortificarlo: secchiate di acqua gelida, alberi abbattuti a colpi d'ascia pesantissima, invece di ucciderlo lo rendono indistruttibile.

Spesso passa le nottate nei boschi a roteare la spada per ore.

Fortissimo e già esperto di micidiali arti marziali già in adolescenza, Ueshiba viene affascinato e si invaghisce dei personaggi meno raccomandabili che popolano il Giappone semifeudale di inizio secolo.

Uno di questi è Takeda, un avanzo di galera analfabeta maestro di un'arte letale chiamata Daito-Ryu, uno che non dorme mai due notti nello stesso posto per paura della vendetta dei parenti di tutti quelli che ha ammazzato e fa assaggiare il cibo dai discepoli per timore di avvelenamenti.
Sguardo truce e cicatrici, spietato con la spada, Takeda viene anche assoldato dalle autorità per "disinfestare" le zone soggette al banditismo.
In questi casi giunge nella località infestata ed annuncia che il giorno dopo riempirà le strade di cadaveri, il che porta ad un accordo con il capobanda locale per la riduzione del conflitto…

Ueshiba dopo un po' si rompe di questo truzzo sanguinario, e si innamora di un altro bel soggetto, Onisaburo, leader di una religione inventata di sana pianta, l'Omoto-Kyo, che nel momento d'oro arriva ad alcuni milioni di adepti.
Onisaburo è un dandy colto e raffinato, affascinante, colorato, sovversivo e pacifista (il che lo rende inviso alla cultura nazionalista ed imperiale giapponese), sessualmente iperattivo, caotico e geniale.
Ueshiba fa la sua guardia del corpo e diventa sempre più noto come il miglior guerriero e maestro di arti marziali del Giappone.
Possiede doti di chiaroveggenza e visioni mistiche.
Tutti vogliono sfidarlo, ma misteriosamente Ueshiba riesce a cavarsela nonostante attacchi multipli ed agguati con bastoni e spade, lasciando a terra i suoi avversari con un sorriso sulle labbra. Matura l'idea che l'arte da lui inventata sia basata sulla nonviolenza come idea vincente per annullare i conflitti.
Un giorno sfida addirittura 15 fucilieri dell'Esercito Imperiale a sparargli addosso in un poligono: appena fanno fuoco, si ritrovano tutti a terra e Ueshiba è misteriosamente finito, sorridente, dietro la linea del fuoco. Riprovano, ed il prodigio si ripete.
Un eremita noto per la sua abilità nello sparare, venuto a conoscenza dell'episodio, lo sfida: si pone davanti a lui col fucile, ma quando pone il dito sul grilletto Ueshiba lo ferma dicendo: "Fermo! mi hai già colpito, hai vinto tu." (Magico sì, ma mica scemo!).

Comunque spadaccini, samurai, judoki, pugili ed ogni sorta di tamarri da combattimento tentano di sconfiggerlo senza riuscirlo, e diventano suoi discepoli e aikidoki.

Con Onisaburo, si imbarca in una pericolosa avventura cinese che dovrebbe portare la religione Omoto-Kyo ad impadronirsi di Manciuria e Mongolia, e invece li porta ad un passo dall'essere giustiziati.

Tornati in Giappone, le autorità distruggono la Omoto-Kyo e incarcerano Onisaburo a vita: Ueshiba si salva solo perchè le sue capacità di maestro sono utili al governo.

Si stabilisce a Tokyo, costruisce con i soldi dei fan un dojo colossale e diventa sempre più importante.

Nel dopoguerra, si dedica unicamente all'insegnamento dell'Aikido: negli ultimi anni della sua vita è un vecchietto sorridente dalla lunga barba bianca, pestifero ed insopportabile, isterico ed un po' lunatico.
Non insegna nemmeno più, teorizza e sorride.
Come ogni maestro orientale, non scrive una parola, non un manuale che sintetizzi l'arte: "Inventatevi il vostro Aikido", dice.
Come se non glie ne fregasse più nulla…
Muore nel 1964 dicendo ancora l'ultima banalità: "L'Aikido è per il mondo intero".

Oggi ci guarda in bianco e nero, dalla parete di ogni dojo in cui si pratica l'aikido, con il suo sorriso enigmatico, che forse vuol dire: nella mia vita non ho mai lavorato, ho seguito ogni cazzata che mi passava per la zucca e mi son sempre divertito come un matto. 

Non so se questa è l'essenza dell'Aikido, ma a me è piaciuta.

Grazie, O Sensei!