martedì, maggio 19, 2009

I semi del passato

La quantità di cattiveria e di malignità che questo governo ha liberato dalle viscere degli italiani - per altro ben predisposte a donare il peggio - e messo in circolo nelle vene del Paese è tale che ormai qualsiasi tentativo di discussione, su qualsiasi argomento, diventa mera occasione per scatenare l’ennesima aggressione condita di improperi e suoni gutturali.
Il ritorno all’età della pietra è ormai quasi concluso: ridotto ai minimi termini il linguaggio, il passo successivo è il bastone, e le ronde sono l’anello di congiunzione tra il mondo civile che pensavamo di essere e la barbarie che, come popolo, abbiamo rivelato stracciando ogni velo di copertura.

Ogni giorno ci indicano nuovi nemici, e il popolino scemo, a comando, volge il ghigno osceno verso le nuove vittime, ululando e agitando i pugni.

Il popolo più “bastardo” e contaminato d’Europa, figlio di un gran numero di madri al seguito di un immenso esercito di invasori di ogni origine giunto qui nei secoli, ed il popolo che ha disperso i propri figli nel mondo in misura eguale a quelli che son rimasti qui, d’improvviso scopre voglia di “purezza etnica”, fa lo schizzinoso, si impaurisce, nega di esser simile per storia a quelli che ora vorrebbe respingere con chiassoso disprezzo. E nemmanco si vergogna di sé.

I ministri ormai sbraitano ed offendono chiunque senza ritegno, comportandosi peggio del peggior ubriacone da bar: tanto che si rende quasi necessario, ogni tanto, un passaggio nelle bettole degli angiporti per rinfrancar le orecchie. La Russa, Maroni, Bondi, Sacconi interpretano quotidianamente il potere come una sorta di gara di rutto libero.

La menzogna è a tal punto pratica quotidiana che non ci sono nemmeno più le energie per denunciarla, e perché ogni denuncia provoca un’altra marea di menzogne.

Ogni richiamo a “valori etici” produce sprezzanti pernacchie, sberleffi e gesti dell’ombrello, ad ogni livello: dalla bancarella del mercato alle sedi istituzionali.

Eppure, salvo gli amici con cui condivido questa angoscia, vedo intorno a me che la normalità dell’esistenza consiste nell’ignorare la distruzione di tutto ciò che era “noi”, accontentandosi di piccoli recinti individuali purchè vi sia lo spazio per i feticci che ancora ci concedono: pillole di benessere materiale che non si è disposti a perdere per nulla al mondo. Lavori idioti, automobili, televisori, le discussioni guidate dai media sono quel che ci resta di quel che eravamo e – forse – non siamo mai stati davvero, se lo sfarinamento della nostra anima è stato in fondo così rapido.

Io non riesco a capire da quale passato si sia generato questo orribile presente, ma credo che questo orribile presente stia bruciando ogni possibile idea di futuro di questo paese.

Ho adempiuto fin qui al mio compito di cittadino e genitore, e ne sono orgoglioso: ma a questa mia figlia che entra nei suoi 18 anni come una persona educata, rispettosa, consapevole, entusiasta non posso che augurare la fuga, prima che le esalazioni mefitiche i questo paese “incolto, depresso e corrotto, che questo governo rappresenta e alimenta”, come dice Adriano Prosperi su Repubblica di oggi, cancellino la sua legittima speranza di “essere”.

Fuggi, figlia mia, e poi fuggi anche tu, giovane figlio mio, mossi i tuoi prossimi passi in una scuola superiore che presto sgretoleranno come stanno facendo con le altre: perché sicuramente altrove esiste un posto dove poter coltivare la speranza. Un posto dove il male stia confinato nei suoi recinti fisiologici, guardato a vista dal bene, e non sia ancora lasciato libero di dilagare, e addirittura nutrito, coccolato, vezzeggiato.

Noi rimarremo qui, a pagare il prezzo di non aver visto né capito per tempo cosa diavolo ci stava accadendo. Dobbiamo pagare, perché abbiamo pensato che bastassero, a difenderci, il rispetto reciproco e i pochi baluardi che pensavamo solidi: la Costituzione, la Scuola Pubblica, i diritti conquistati negli anni Settanta.

Abbiamo visto trasformare in macerie quel che i padri avevano costruito. Abbiamo visto i moderni fascisti rialzare la testa, e riprendere in mano il paese con metodi nuovi e molto più efficaci.

Ma abbiamo dentro di noi i semi di un passato che sembrava civile.

Come i resistenti di “Fahrenheit 451” imparavano a memoria i libri che il governo bruciava, - per conservare e trasmettere la cultura che sarebbe altrimenti andata perduta- abbiamo il dovere di conservarli per un futuro che non siamo più capaci di immaginare.

Qualunque cosa accada.

1 commento:

Artemisia ha detto...

Condivido tutto. L'avro' scritto mille volte: fossi un giovane non avrei dubbi, me ne andrei in un paese civile e lo stesso auguro anche ai miei figli anche se mi costera' averli lontani.
Auguri a tua figlia!